Groezrock 2011 // I Giorno

04/05/2011

Groezrock 2011
I Giorno (22/04/2011)

 

Arriviamo finalmente a Meerhout dopo 14 ore di viaggio e piazziamo la tenda nel camping già gremito di gente; un paio di birre prima di dormire e siamo pronti, il giorno dopo, alla snervante attesa per l'apertura delle porte. L'area camping e l'area festival sono le stesse dell'anno scorso, la gente sembra un po' meno dal momento che questa edizione contava gruppi leggermente più ricercati, e meno mainstream della scorsa. Anche i palchi rimangono invariati, quattro come lo scorso anno nel seguente ordine di grandezza: Main Stage, Eastpack Stage, Etnies Stage, Macbeth Stage. 
Le prime band che progettiamo di ascoltare sono i Miss May I (Nello) e i Rufio (entrambi); forti i primi, tecnici come da cd anche se con chitarre un pò zanzarose, emozionanti i secondi, al loro primo tour in Europa, e perfetti nell'esecuzione e nelle voci, anche se con suoni un po' bassi, purtroppo.
Ci si concede un po' di pausa per esplorare gli stand del merch e delle distribuzioni, e mettere le mani su tutti gli adesivi e i poster possibili (rigorosamente free). Iniziano poi iWhitechapel, un gruppo che entrambi non seguiamo molto, ma che eravamo curiosi di vedere; botta da paura, muri di suono e pigtails davvero degni di nota; segue Nello con la visione dei Veara, divertenti e molto coinvolgenti, pop punk senza tanta originalità ma buono nell'esecuzione, che regalano al pubblico molti dei migliori pezzi dell'ultimo disco e i principali successi del precedente.
Dopo un altro po' di pausa arriva il momento clou della giornata, con grupponi che si susseguono uno dopo l'altro, e qui ci dividiamo: Nello segue i gruppi più hardcore e Simone i più emozionali.
Si comincia coi Thursday (Simone), che nella prima giornata ripropongono per intero il loro miglior lavoro Full Collapse, in occasione del decimo anniversario dell'uscita del disco. Hanno una presenza scenica davvero invidiabile, atmosferici nei pezzi e di grande impatto negli ingressi dei ritornelli ultramelodici e potenti; lo show perde però in coinvolgimento col tempo, e immagino che vederli più volte (come gli abituè di festival come questo hanno la possibilità di fare) possa risultare un po' noioso.
E' la volta poi degli storici Sick Of It All (Nello) che festeggiano i loro 25 anni di carriera. Uno show sensazionale, sicuramente una delle miglior band viste dal vivo, frontman carismatico e grinta da vendere. Deliziano il pubblico con tutti i pezzi cult del loro repertorio, da “We Stand Alone” a “Take The Night Off”. Concludono la loro esibizione tutti in coro con “Us Vs Them”, ed una pioggia di coriandoli viene sparata sul numeroso pubblico da dei cannoni (!!!) posti sul palco.
Seguono poi i Circa Survive (Simone), anche loro alla prima esperienza in Europa. Per chi li conosce penso sappia già cosa aspettarsi; Anthony Green è il più eccentrico, effemminato (cit. “..This is my first time in Belgium, I love this country, I wanna suck all your dicks!..”) e allucinato cantante che abbia mai visto, fornito poi di una voce pazzesca (penso la migliore mai sentita live). Esattamente come su cd il gruppo si presenta con sonorità sperimentali, talvolta soffuse, coronate dall'inconfondibile voce pulita dell'ex-cantante dei Saosin, l'unico a garantire l'esuberante presenza scenica.
Ci si reca velocemente al main stage, manca davvero poco all'inizio dello show dei Millencolin (Nello). Dopo la delusione dello scorso anno speriamo in un rivalsa ed infatti la band non delude le aspettative. Il quartetto delizia il pubblico con tutto il loro album più celebre “Pennybridge Pioneers”, decisamente anche più motivati e scenici dello scorso anno. A metà concerto arriva il momento più emozionante, tutti dietro le quinte tranne Nicola che rimane sul palco munito di una chitarra acustica e attacca con “The Ballad”. Si riprende con l'esecuzione dell'album per concludere con una grintosa “Mr. Clean”.
Nel mentre, sull'Eastpak Stage salgono gli Every Time I Die (Nello), una band dalla incredibile presenza scenica, musicisti impazziti che corrono in lungo e in largo per il palco, senza però peccare sull'aspetto tecnico. Un ottima esibizione ed ottimi i suoni, una band che non ho mai seguito molto, ma che è comunque riuscita ad impressionarmi.
Ci dividiamo ancora per seguire gli ultimi gruppi della serata. Sul Main Stage è il turno dei Further Seems Forever(Simone), anch'essi alla prima esibizione in Europa, e unica dopo la reunion: come gli appassionati sapranno la band si è riunita con la formazione originale, e per l'occasione hanno infatti riproposto quasi tutti i pezzi di The Moon is Down più altri successi tratti dagli altri due dischi, entrambi sinceramente resi meglio da Carrabba che dai cantanti originali. Poco pubblico per le chitarre arpeggiate e le struggenti melodie della band, composta oramai da simpatici grassoni e uno splendido Chris Carrabba super fighettino nel suo giubbotto di pelle, ed impeccabile al microfono. L'emozione dilaga sui versi di Just Until Sundown, Snowbirds and Townies, e l'ultima New Years' Project, e il gruppo va via tranquillamente come era entrato, ricordando l'esibizione del giorno successivo di Carrabba da solita per i Dashboard Confessional.
A seguire, sull'Eastpak stage ci sono gli August Burns Red (Nello). Danno inizio al live con una base parecchio truzza  e dopo un forte bagliore eccoli apparire sul palco suonando le note di “Composure”. Inizialmente i suoni non sono dei migliori ma con l'andare avanti dello show si aggiustano. Superato il piccolo inconveniente iniziale il tutto prosegue perfettamente, i musicisti, di altissimo livello tecnico, danno vita ad uno spettacolo sonoro impressionante, mentre il tecnico luci  colma l'assenza di presenza scenica con impressionanti effetti visivi. 
Verso al fine la band annuncia l'uscita di un prossimo album e presenta un brano inedito al numeroso pubblico che affolla il tendone.Impressionato dall'esibizione degli August mi dirigo velocemente sul Main Stage, dove trovo già sul palco gli Hatebreed(Nello) che hanno già iniziato il loro concerto da una decina di minuti. La violenza è ciò che caratterizza l'esibizione della band di Bridgeport, raggiungere le transenne sarebbe stata una missione suicida di conseguenza decido di guardarmi lo spettacolo da una posizione comoda.
Sicuramente non è una delle band più originali, i brani sono molto simili fra loro ma ciò non toglie una indubbia grande esibizione della band, numerosi sono i fan che si “uccidono” e cantano a squarciagola brani come “Destroy Everything” e “I Will Be Heard”.
Agli sgoccioli della serata ci riuniamo nuovamente per assistere, anche se non per intero, alle performance diUnderoath e Flogging Molly, gruppi che non ci entusiasmano ma siamo curiosi di sentire. I primi si presentano con dei suoni da paura (forse i migliori del festival) e una botta impressionante, ma notiamo subito la mancanza di Aaron alla voce pulita, sopperita in modo grossolano da uno dei due chitarristi. Ad ogni modo i dread di Spencer accompagnano tutto il concerto in maniera frenetica, forti gli effetti luce e forti loro. 
Dei Flogging Molly nessuno di noi due conosce i pezzi (tranne il classico “Drunken Lullabies”), ma l’impatto visivo di 7 musicisti tra cui armoniche e violini, insieme ai pezzi della band, regala alla mente un perfetto immaginario in stile irlandese. I pezzi si susseguono uno dopo l’altro tra la gioia degli accaniti fan del folk punk, ma il gruppo viene pesantemente fischiato perché rifiuta un bis dopo l’uscita di scena.  

 

Live report a cura di Nello & Simone
Fotografi: Silvy Maatman, Emanuela Giurano, Thiago Struys, Joeri Swerts
Thanks to stagedive.be

CLICCA QUì PER VEDERE TUTTA LA GALLERIA FOTOGRAFICA 

Cerca nel sito