The Ataris + Cancer + One Night Stand @ The Cage Theatre, Livorno

 

The Ataris + Cancer + One Night Stand
The Cage Theatre, Livorno
(10/05/2013)

Lo scorso 10 Maggio due nostri collaboratori, ospitati da Flix Records (che ringraziamo per la disponibilità) erano presenti allo show degli The Ataris al Cage di Livorno ecco a voi il live report della serata.

Dopo un bel po’ di anni, preceduti da un tour acustico ritornano in Italia la storica pop-punk band The Ataris. Accompagnati per l’occasione dagli svizzeri The Cancer, ci dirigiamo impazienti verso Livorno, destinazione The Cage. Appena arrivati sul posto, troviamo già un nutrito gruppo di persone fuori del locale, che attende insieme a noi l’inizio della serata. Ad aprile le danze sono i padroni di casa One night stand, 100%  hardcore melodico in stile Fat Wreck records. Per niente male la loro performance, caratterizzata da una sezione ritmica molto dinamica, bicordi onnipresenti e voce forte e chiara. Un misto tra Nofx e Lagwagon, la cavalcata tipica si alternava e parti dimezzate e intermezzi un po’ più soft, anche reggae, richiamando molto i due nomi appunto citati prima. Complimenti quindi ai One night stand, sperando di rivederli non possiamo che augurargli il meglio per il futuro. Dopo qualche minuto di cambio palco e un velocissimo line-check arriva il momento dei The Cancer. Hanno supportato gli Ataris in tutto il tour europeo, e leggendo la loro storia si può notare che sono tutt’altro che un gruppo emergente, avendo già avuto modo di girare insieme a grandi nomi della scena come Mxpx e Fenix tx. Il loro sound si avvicina molto più agli headliner della serata, punk rock classico, e devo dire abbastanza coinvolgente. Il pubblico ha apprezzato parecchio, me compreso, onestamente non li conoscevo prima e in generale vista la loro esibizione penso che meritino più attenzione rispetto a tanti altri colleghi molto più famosi. Dopo una mezz’oretta abbondante , il combo svizzero lascia il palco, calano le luci e dopo una sigaretta rapida fuori si rientra in attesa degli Ataris. Anche loro brevissimo line-check e s’inizia subito. “In this Diary” è la prima canzone, non poteva esserci inizio migliore, si canta a squarciagola tutti insieme. La band sembra essere molto più in forma rispetto a qualche annetto fa, la nuova line-up sembra reggere bene il confronto con quella degli anni d’oro di So long Astoria ecc.…Chris è perfetto, la voce è identica a quella sentita nei cd, e di certo rappresenta il punto di forza anche nei live. “Unopened letter to the world”, “ The heroes dies in this one” , “Your boyfriend sucks” e la fantastica “So long Astoria”, dove si scatena il putiferio; la scaletta si divide a metà tra Blu skies & Broken hearts e Son long Astoria, e raramente qualcosa si Welcome the night e The Graveyard of  the atlantic(l’ultimo lavoro). C’è spazio anche per sentire la versione acustica di “looking back on today”, prima dell’arrivederci finale della band, che ci ha regalato un bis mortale con “San dimas high-school football rules” e la famosissima cover “The boys of summer”. Gusti personali a parte, credo di aver visto una delle migliori band live, sono passati quasi venti anni, e di tutti i gruppi che ai tempi spopolavano insieme a loro ne sono rimasti in circolazione veramente pochi, gli Ataris nonostante i numerosi e continui cambiamenti di line-up sono sempre qui a gridare e far divertire i fans di tutto il mondo. Buona anche la risposta del pubblico, e in generale anche la qualità dell’audio e della location. Non ci resta che sperare  di poter rivederli live prestissimo.

Live report a cura di Vittorio Burgo
Ringraziamo aimatrabolmeicher.com per le foto

Combat Rock Festival

10/04/2013

Combat Rock Festival
The Damned + Bull Brigate + The 80's + Ugualianza + Armassd Fc
Laboratorio Crash, Bologna
(23/03/2013)

Anche noi eravamo presenti, ed ecco a voi il live report del Combat Rock Festival tenutosi a Bologna il 23 Marzo 2013. Il festival organzizato da "Bologna Ska Fest" che ha visto protagonisti i britannici The Damned.

Sabato 23 Marzo sbarca in Italia, precisamente al Laboratorio Crash di Bologna, una delle punk-rock band mondiali più longeve della storia, e probabilmente anche la prima in assoluto: i The Damned. Essendo l’unica data nella penisola, ci si aspettava il botto, e così è stato…Già dalle 21,30, ora del mio arrivo, si comincia a respirare un aria molto old style, skins, punk rocker... tutti insieme a sorseggiare drink in giro per i numerosi banchetti DIY stracolmi di vinili, cd, t-shirt e via dicendo.
Prima del combo britannico, la scaletta del festival offre alcuni dei nomi più importanti della scena Street-punk oi! Italiana, giacché già dalla prima band, i sing along e i cori da stadio divertono e coinvolgono vecchie e nuove generazioni accorse all’evento. La scaletta prevede: Armassd FC e The 80’ che sono i padroni di casa, Uguaglianza e Bull Brigade prima dei The Damned. Bologna ha una forte e compatta scena skin-punk-oi, infatti l’arduo compito di scaldare i cuori degli ascoltatori già dal primo gruppo non si percepirà come un problema. Una nota di merito agli 80’, non li conoscevo e non li avevo mai visti live, e sinceramente mi hanno colpito molto sia per la precisione che per il sound pulito e ben curato. Gli Uguaglianza, provenienti da Savona, e sicuramente un po’ più famosi dei predecessori, salgono sul palco belli carichi e incazzati, la gente sembra apprezzare e canta insieme alla band quasi tutti i pezzi del repertorio, toccando l’apice durante la cover degli Erode “Europa”.
Finita la performance degli Uguaglianza, dopo svariati minuti, salgono sul palco i Bull Brigate. Il Laboratorio Crash è ormai pieno, la street-punk band Torinese scarica uno dopo l’altro tutti i pezzi più importanti, la gente canta a squarciagola, durante la famosa “A Way of Life” abbracci e cori da stadio dimostrano l’apprezzamento per il gruppo, ormai iper-consolidato nel panorama nazionale e non, dopo tanti anni in giro sia come Bull Brigate che non(nell band vi sono membri dei Bad Dog Boogie e Banda del Rione).
Appena terminata l’esibizione del combo Torinese, calano le luci, veloce sistemata allo stage e comincia l’attesa….Dopo non molto cominciano a salire sul palco prima Capitan Sensible con Stu West, Pinch e Oxy Morn, e infine il mitico Dave Vanian. Già dalle prime note il pubblico è entusiasta, i The Damned, nonostante gli anni, sembrano una band di 15 enni con la voglia di spaccare che si ha al primo concerto importante della propria storia.
La scaletta raccoglie un po’ tutte le hit dal 1977 al 2008, con qualche preferenza ovviamente  per “Damned Damned Damned” con New Rose, Born to kill, Neat Neat Neat a fare da capostipiti. La voce di Vanian è rimasta intatta come prima, live non perde nemmeno un colpo e direi che ha rappresentato , come sempre, il valore aggiunto della band, che qui a Bologna non ha lasciato nulla al caso, dalla presenza scenica alle improvvisazioni.
Dopo questa serata posso affermare che sentire dal vivo i The Damned è tutta un'altra storia rispetto al cd(parliamo praticamente di cd vecchi 20/30 anni) , il che dimostra naturalmente l’alta qualità e il prestigio dei veterans londinesi. Una lode sincera và anche agli organizzatori del festival “Ska Fest” e a tutti i ragazzi del Laboratorio Crash, un posto veramente bello e detto a malincuore, forse unico in città con determinate caratteristiche. Prossimo appuntamento quindi con i The Beat e gli Adicts a Maggio.
 
Live Report a cura di Vittorio Burgo

Flogging Molly + Bouncing Souls + Dave Hause @ Estragon, Bologna

10/09/2012

Flogging Molly + Bouncing Souls + Dave Hause
Estragon, Bologna
(04/09/2012)

Una serata all’insegna del “sing along” era quella che mi aspettavo il 4 Settembre all’Estragon di Bologna, e così è stato. Dave Hause+Bouncing souls+ Flogging Molly e il devasto è assicurato.Già a partire dalle 20,30circa, orario in cui Dave Hause(membro del gruppo punk rock americano The Loved Ones) inizia a strimpellare le prime note,  il locale si riempe di persone.La performance di Hause è più che positiva, non è di certo facile attirare gli ascoltatori in un concerto dove di acustico e rilassato c’è ben poco, tra l’altro da annotare che ha suonato e cantato da solo con la sua chitarra, senza nessun altro tipo di accompagnamento. Un po’ sulla scia dei vari Tony  Sly, Joey Cape ecc.. il songwriter americano in poco meno di mezz’oretta presenta per la prima volta in Italia, il suo repertorio, un ibrido tra punk/folk/pop leggermente più stradaiolo, rispetto ai colleghi citati in precedenza. Intorno alle ore 21,00 lascia il palco agli amici Bouncing Souls. Pochi minuti e si parte, anche se all’inizio sembravano un po’ scarichi, i Bouncing scatenano sin dal primo pezzo un bel  pogo, le prime file soprattutto sono entusiaste,  e i cori insieme al pubblico sono un must come ogni concerto per Greg Attonito & company. “True Believers”, “Gone” e “Manthem”  si integrano bene nella scaletta coi pezzi del nuovo album “Comet”,  la risposta del pubblico cresce pezzo dopo pezzo, anche perché il locale va’ riempendosi sempre di più. Con “Ship in a bottle” lasciano il palco, dopo quasi un’ora di live, e l’Estragon e’ completamente pieno. I Flogging Molly iniziano il loro spettacolo intorno alle 22,30 e suonano praticamente per un’ora e mezza piena, saltando e correndo da una parte all’altra del palco in continuazione senza fermarsi un attimo. Sono dei veri e propri trascinatori, non c’è nemmeno una canzone in cui non si scateni una bolgia sotto il palco, tra l’altro c’è da dire che l’esecuzione tecnica non ne risente per niente. Divertenti i siparietti del cantante Dave King, e del chitarrista solista Dennis Casey, che a metà concerto si improvvisa in un Jimi Hendrix un po’ più “grunge”, facendo con la chitarra il possibile…Una cover di Bob Dylan, e tante hit, in “Drunken Lullabies” si tocca l’apice della serata. Davvero una piacevole sorpresa i Flogging, non li avevo mai visti live, da come dicevano tutti spaccano, e posso stra-confermare di persona.
Insomma una bellissima serata targata Hub Misic Factory.

Live report e foto a cura di Vittorio Burgo

The Bad Side Festival

21/08/2012

The Bad Side Festival
Parco Gondar, Gallipoli
(06/08/2012)

Anche se leggermente in ritardo per via delle vacanze, ecco quì come promesso il live report del The Bad Side Festival tenutosi al Parco Gondar di Gallipoli.

Dopo un leggero viaggio di 2 ore da bari, arriviamo nell'area concerti accompagnati da un caldo super afoso, fortunatamente la location è quasi del tutto all'ombra ma il sudore la fa da protagonista, ancora pochissima la gente che forse nel primo pomeriggio ha preferito il mare al concerto.
Notiamo subito la presenza di due palchi adiacenti, in modo da facilitare il cambio palco fra le band senza perdere minuti fra una band e l'altra, e ci concediamo un giro fra i vari stand e distribuzioni per poi ritornare sotto il palco. Le prime due bands hanno già suonato ed ora è il momento dei Malleus, che già conoscevamo di nome perchè supportarti dei nostri amici di Kreative Klan.
La band propone il metalcore più classico, bravini ma nulla di originale, la presenza scenica non è delle migliori ma nonostante tutto propongono un live dignitoso.
Seguono i baresi Reality Grey con il loro death metal melodico, una band un pò fuori genere nel festival ma ciò non toglie la bravura del quintetto, tecnicamente perfetti; non essendo amanti del genere non possiamo però apprezzare a pieno la loro esibizione.
Subito dopo tocca ai Backjumper sul main stage. La band propone molti dei brani del loro ultimo disco "White Black and the Lies Between" ed un nuovo brano inedito. Si dimostrano i migliori fra le band di apertura fino a questo momento, bei suoni, precisi, la presenza scenica non manca, insomma tutte le carte in regola per una esibizione degna di nota. Il caldo continua a farsi sentire, decidiamo quindi di uscire dall'area festival per prendere da bere, all'interno i prezzi sono esageratamente alti (4€ un bicchiere di birra), scelta più che sbagliata a mio parere (ancora più ridicolo far pagare 1€ per uscire dall'area, insomma cose mai viste, eppure di festival ne facciamo parecchi).
Così facendo ci perdiamo l'esibizione degli Stilness Blade e da poco più di un minuto hanno iniziato a suonare i Destrage. Non conoscevamo affatto questa band e dobbiamo dire che ci hanno sorpreso positivamente, anche loro propongono un metalcore ma con trovate originali come inserti elettronici ed effetti vari, bei riff di chitarra ed un groove niente male, oltre che un sapiente mixaggio esterno: promossi a pieni voti.
Si è fatta sera e finalmente la gente inizia a popolare l'area festival, da questo momento si continua a suonare solo sul main stage ed è il turno dei romani Payback, sapevamo già a cosa andavamo incontro avendo già visto questa band. Le aspettative non vengono deluse, hardcore east coast, semplici giri ma efficaci, i due cantanti inicitano il pubblico che finalmente partecipa positivamente scatenandosi nel pogo. Una band che fa notare subito la loro esperienza accumulata negli anni, sia tecnicamente che scenicamente, lo show è curato dall'inizio alla fine e niente viene lasciato al caso. Davvero un ottima esibizione.
Subito dopo i Payback usciamo ancora per combattere il caldo opprimente con qualcos'altro da bere, perdendoci l'esibizione di Buffalo Grillz e Dsa Commando.

Prima dei 3 Headliner ci affacciamo all'esibizione di motocross freestyle, 2 motociclisti che si esibivano in folli acrobazie a una decina di metri da terra, uno show di una ventina di minuti per far riposare le orecchie, bella scelta da parte degli organizzatori.
Si ritorna sotto il palco e si inizia a fare sul serio, tocca alla prima band americana, ed ecco che salgono sul palco gli Unearth.
Avendoli già sentiti sapevamo a cosa andavamo incontro: la band è impressionante, crea dei potentissimi muri di suono ed è tecnicamente perfetta; ed è importante notare come coi suoni giusti abbia saputi ottenere un sound più potente di tutti i gruppi precedenti che avevano persino volumi più alti. Propongono un repertorio completo dai primi dischi agli ultimi lavori, e lasciano contento un pubblico che li ha attesi un intera giornata sotto il caldo intenso. Seguono gli storici Sick of it All, che propongono un live energico, scatenano una bolgia sotto il palco, e regalano ai fan tutti i più grandi successi della loro carriera: dopo decenni questa band sa ancora caricare di energia chi la ascolta, saltando e correndo come se non sentissero l'età che hanno.
Chiudono la serata i Municipal Waste. Questa band non tanto rientra nei canoni dei generi che trattiamo, ma è veramente degna di nota; dalla discografia esaminata a posteriori ci rendiamo conto che hanno proposto i migliori brani tratti dai loro vecchi album, più diversi di quello appena uscito. La band è davvero trainante, con un frontman come ce ne sono pochi, costantemente a fomentare i presenti e perfettamente integrato con loro (divertente il sipario in cui ha tirato a fare stage diving un ragazzo appena respinto dalla security) e propenso allo spettacolo, tra arrampicate e discorsi a sfondo sessuale; i pezzi iperveloci hanno reso l'atmosfera rovente e l'esibizione è sembrata durare davvero poco, anche se così non è stato.
Insomma, anche se viziato un pò da qualche errore di organizzazione (vedi prezzi esagerati o l'uscita pagando 1€), e delusi per non essere riusciti ad intervistare nessuna band non ricevendo alcuna risposta (ne positiva ne negativa da parte dell'organizzazione) il giudizio è complessivamente positivo per questo festival, che finalmente porta da noi al Sud delle band di alto spessore, e di cose come queste se ne vedono poche.
 
Live report a cura di Nello e Simone
Foto di Vito Montenegro e Francesca Di Santo

Groezrock 2012 // II Giorno

22/05/2012

Groezrock 2012
II Giorno (29/04/2012)

Un po’ di dolori ci accompagnano nel risveglio al secondo giorno del festival, ma è normale routine; ci approntiamo così per un’altra giornata nell’area concerti.
Le prime band non ci dicono molto, e approfittiamo di questo paio di ore per fare shopping fra i vari stand; unica eccezione i Red City Radio, che offrono una prestazione di davvero un buon livello, e un alto coinvolgimento del pubblico che risponde con sing along in quasi tutti i pezzi. Dopo esserci accaparrati dischi, maglie e gadget ci dirigiamo verso il main stage per assistere allo show degli Zebrahead, sicuramente uno dei migliori in assoluto.
La band ha allestito il palco in maniera molto originale, addobbandolo con palme gonfiabili, una piscina di gomma ed un simpatico chioschetto hawaiiano, trasformando lo stage in una perfetta location pop punk.
 Lo show inizia e si nota già dalle prime note che la band è in grandissima forma, regalando al pubblico uno spettacolo eccezionale che pone la band sul podio delle migliori nel festival. Notiamo anche un intruso nel chioschetto che oltre a fare dei cori prepara al momento dei cocktail per gli artisti, lancia rotoli di carta igienica e palloni gonfiabili sul pubblico e a metà show si esibisce in uno stage diving a bordo di un canotto gonfiabile [vedi intervista]. Il frontman per tutta l’esibizione non fa altro che coinvolgere i numerosi  fan, facendoli saltare e ballare a tempo di musica, proponendo anche un gioco aperitivo con 4 ragazzi scelti dal pubblico.
Finito lo show degli Zebrahead sempre sullo stesso palco inizia quello degli MXPX All-Stars, capitanati sempre da Mike Herrera, che ripropongono i migliori brani della band americana, dimostrandosi sicuramente di buon livello, anche se un po’ statici. Subito dopo ci dirigiamo nella press area per le interviste del giorno: Russ Rankin dei Good Riddance e successivamente Ali degli Zebrahead.
Si ritorna nuovamente sul main stage per lo show degli Alkaline Trio che hanno già iniziato da un paio di brani la loro esibizione. La band è tecnicamente molto brava e rende molto dal vivo, ma fa storcere il naso la scelta della scaletta, che non comprende nessuno dei brani dello storico album Crimson, scelta che non può essere non voluta, e chissà per quale motivo. Finito lo show della band di New York ci ancoriamo alla transenna della prima fila attendendo la reunion più importante del festival.
 Dopo una quindicina di minuti ecco che cala il grosso striscione con il logo G-bomba-R e la band sale sul palco: è un onore vedere avanti ai nostri occhi, riuniti per la prima volta dopo anni, i Good Riddance. Suoni potentissimi, tecnicamente perfetti, suonano tutti i loro migliori successi spaziando fra i vari album ed il pubblico supporta la band con sing along da stadio. Fra un discorso e l’altro dell’indefesso Russ si susseguono brani per un totale di un’intera ora di esibizione, che lascia a tutti una grossa emozione. Finito il concerto dei Good Riddance si corre sull’Impericon stage per gli Anti Flag, che come aspettato si dimostrano una carica di energia, scenicamente spaventosi e tecnicamente perfetti. Si comincia con il loro nuovo singolo “This is the new sound”  e già dalle prime note il pubblico è in completo delirio; tutti i componenti non fanno altro che correre in lungo e in largo per il palco, saltare dagli amplificatori, incitare il pubblico a grandi circle pit, e concedersi stage diving facendo suonare al loro posto membri dello staff.
Si continua con “Die for Your Government”, “Turncoat”, “1 Trillion Dollars” e tante altre, molti sono i temi politici affrontanti e condivisi con il pubblico, insomma una vera punk band di altri tempi, e quando lo show sembra finito succede dell’incredibile, batteria giù dal palco,  in mezzo al pubblico, che nel frattempo aveva creato un grosso cerchio, e i chitarristi in piedi sulle transenne, mantenuti dalla security, per intonare tutti in coro “Power to the Peaceful”.
Cala la sera ma ormai esausti da due giorni così densi girovaghiamo fra i vari palchi tanto per curiosare. Ci sono i Thrice sul main stage, una band importante ma che siamo troppo stanchi per seguire appieno, che offre uno spettacolo emozionante per i fan ma non molto coinvolgente per chi non li conosce; apprezzata l’esecuzione dei loro brani storici dell’album The Artist In the Ambulance, ma il grosso dello show pone in risalto con canzoni molto più blande provenienti dai loro ultimi album.
Un occhiata la meritano Terror e Gorilla Biscuits; i primi danno il meglio di loro, in un’esibizione degna di esser chiamata tale, i Gorilla sicuramente più old school e molto apprezzati dagli over 25, ma sempre molto bravi e coinvolgenti (non seguendo la band non possiamo azzardare giudizi più approfonditi). Notiamo inoltre che il main stage è pieno solo a metà per i Simple Plan, segno che ormai i gruppi per ragazzini non tirano più come prima, soprattutto in questi festival. Prima dell’ultima esibizione del festival, infine, tocca dare un’occhiata agli Unearth, headliner dell’Impericon stage, i quali propongono un metalcore estremo, tecnicamente impressionanti e suoni definitissimi, il tutto accompagnato da uno spettacolo di luci niente male; anche rimanendo praticamente fermi, i musicisti non peccano di presenza scenica (il loro look thrash basta e avanza).
Ormai distrutti troviamo le forze per l’ultimo show, l’ennesima e ultima reunion di questo festival, gli svedesi Refused, preannunciati da un’epica intro e un colossale manifesto.
La band è in grandissima forma, sono davvero molto attivi, si nota che non aspettavano altro che questo show, a loro detta il concerto più grande mai suonato. Musicisti bravissimi, i loro brani sono piuttosto astrusi, e la presenza scenica formidabile è accompagnata da un atmosfera di luci davvero azzeccata e curata in ogni dettaglio per essere in perfetta sincronia con la musica. La gente è entusiasta e i fan sono fra le prime file a scatenarsi. Il meglio comunque lo dà il frontman della band, che non riesce a star fermo per neanche un minuto, correndo e saltando in lungo e in largo per il palco. Dopo più di un ora di esibizione, la band fa il classico rientro sul palco con la loro song più celebre, “New Noise” e l’intero tendone è in delirio. Tralasciando che i loro brani possono sicuramente non essere molto graditi da chi non ama il loro genere davvero crossover, la band resta tra le migliori dell’intero festival per la sua maestria veramente eccezionale. Torniamo in tenda distrutti ma felici di esserci stati, lasciandoci alle spalle le esibizioni incredibili e le atmosfere uniche vissute in una due giorni dove è praticamente come essere in un’intera città fatta di punkers. Ancora una volta il Groezrock si conferma come il miglior festival punk/hc d’Europa. State sicuri che ci saremo anche il prossimo anno!

Live report a cura di Nello e Simone
Fotografi: Joeri Swerts (Belgium),Jeannet Okland (Norway),Silvy Maatman (Holland), Julien Benatar (France)

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Groezrock 2012 // I Giorno

07/05/2012

Groezrock 2012
I Giorno (28/04/2012)

 

Dopo un giorno a Bruxelles ospiti da una nostra amica, arriviamo finalmente a Meerhout senza troppe difficoltà, essendo il terzo anno consecutivo sappiamo ormai come muoverci. Purtroppo il tempo non è dei migliori – un po’ freddino – e la location è abbastanza infangata per via della pioggia che da tempo continua a cadere a tratti. 

Dopo aver piazzato la nostra tenda tocca il classico giro dell’enorme campeggio e subito notiamo delle novità: quest’anno anche il campeggio contiene alcuni stand, tra cui uno spaccio, una postazione per caricare i cellulari (molto utile nell’era smartphone dove ormai una carica ti dura una giornata) e un tendone, da cui proviene una forte musica, dove scopriamo essere in corso un pre-Groezrock party organizzato da vari sponsor del festival.
 Il palco è ben allestito, con dj sparano musica a tutto volume, alternando piacevolmente tra techno e new metal, e modelle di Front magazine (uno degli sponsor di quest’anno) che lanciano gadget e preservativi al pubblico; immancabile il bar a fondo sala. Non perdiamo l’occasione per prendere qualche birra e divertici con i nostri amici fino a fine serata.
Entusiasti la mattina seguente ci svegliamo abbastanza presto per lavarci, cambiarci ed essere pronti per l’inizio del festival. Come scritto sul nostro invito press ci presentiamo all’ingresso per le 9.30 di mattina ma qualcosa è cambiato, l’ingresso Press/Vip/Guest è da tutt’altra parte rispetto allo scorso anno e siamo costretti a perimetrare tutto il festival dall’esterno prima di entrare. A scapito delle primissime band decidiamo di farci un giro in tutta l’area del festival e iniziamo a notare ancora altre novità, tra cui uno stand della Monster Energy Drink molto più grande, un Macbeth stage più curato ed il nuovo palco per le esibizioni acustiche, bello ed elegante con la sua scenografia simil-sala da ballo con tanto di tende, specchi e lampadari. Continuano ad esserci gli stand dell’Etnies, dello Jagermeister e della fondazione Keep-a-Brest; scompaiono le esibizioni di motocross della Monster ma notiamo uno stand della Jupiler che sfoggia dei tori meccanici che saranno protagonisti di un gioco a premi indetto il giorno successivo dalla famosa marca di birra belga.
Passando ai gruppi, a parte un breve ascolto dei Chixdiggit, che suonavano un pop-punk abbastanza coinvolgente, la prima band a cui siamo davvero interessati sono i canadesi Counterpunch, già recensiti sulla nostra webzine, che si esibiscono sullo stage della Etnies. Se il buongiorno si vede dal mattino, in questo caso si prevede una bellissima giornata, la band offre una esibizione di ottimo livello, di rado si sentono voci così perfette e incastrate con la musica; promossi a pieni voti. A questo punto aspettiamo l’esibizione dei Belvedere, e occupiamo il tempo informandoci delle interviste che ci spettano nell’area VIP e curiosando qua e là tra i gruppi che si alternano sui vari palchi. Degni di nota sono stati i B.E.A.R. e i Confession, un po’ scialbi i The Copyrights e carini i We Are the In Crowd, che con il loro stile simile (identico, se vogliamo..) ai Paramore, e degli ottimi suoni, hanno funto da piacevole passatempo. Per il resto curiosiamo nei vari stand di merch e distribuzioni, come al solito gonfi di sorprese e di tentazioni per chi ha soldi da spendere.
Sono le ore 15.00 e ci ritroviamo nella prima fila del Main Stage per l’attesa reunion dei Belvedere. La band inizia a suonare senza tante parole, e si dimostra essere in piena forma, suonando alla perfezione tutti i loro più grandi successi, dalla prima “Subhuman Nature” all’ultima “Sea shells”, un vero greatest hits. Il pubblico risponde alla grande, tendone quasi pieno e sing along per tutta la durata del concerto. Finito il loro concerto scappiamo ad intervistare Set Your Goals e Verse, come previsto, e subito dopo ci immergiamo nuovamente nei concerti.
Si susseguono ora diverse band che intendevamo sentire, tutte degne di nota, e fatichiamo a seguire tutti i concerti, dovendo quindi frazionare il tempo concesso a ciascuna di loro. La prima band sono i californiani The Ghost Inside, che spaccano come sempre, ma sono tra i primi che sacrifichiamo, avendoli visti già due volte. Seguono i Set Your Goals sul palco dell’Etnies, che entrambi aspettavamo con ansia di sentire, ma che hanno altamente deluso le nostre aspettative, offrendo uno spettacolo povero e impreciso (specialmente le voci), decisamente sottotono pur proponendo tutti i loro pezzi migliori. Arriva la scelta più difficile del festival, con Evergreen Terrace, Verse e Yellowcard che suonano tutti ad orari accavallati, bene o male riusciamo a sentire gran parte di ognuna di queste; i primi brani degli Evergreen Terrace sono sufficienti per apprezzarne i suoni da panico e l’ottima presenza scenica, che giustificherebbero una considerazione molto maggiore di quella che hanno. Seguono i Verse, il cui concerto è davvero un delirio (i nostri fotografi non sono riusciti a scattare foto :D) ; il padiglione dell’Etnies in cui suonano diventa una bolgia di stage diving ed è veramente impossibile trovare un posto libero. I fan sembrano impazziti e la reunion della band si dimostra essere un vero successo. Fra i vari discorsi del cantante si susseguono brani da tutti i loro album, con i meravigliosi pezzi di “Aggression” a farla da padrona nello scatenare il putiferio sotto e sopra il palco, la differenza tra queste due aree diventata ormai indistinguibile. La band presenta in occasione del festival un brano inedito che fa pensare all’uscita a breve di un loro nuovo album. A poco più di metà concerto però andiamo via per poter osservare almeno la seconda parte dell’esibizione degli Yellowcard, che fortunatamente hanno riservato per la fine brani come “Believe” e “Only One”, che emozionano davvero tanto il pubblico, richiamando accorati sing along e abbracci con estranei ubriachi. La band è oltretutto veramente di alto livello, tecnicamente perfetti e voci precisissime; chiude con “Ocean Avenue” rivelandosi una delle migliori band del festival di quest’anno. Stanchi di questa sfilza di gruppi ci riserviamo un paio d’ore di riposo che comprendono una gita ormai di rito all’unico supermercato vicino all’area del festival, per birre e panini. Ci attrezziamo inoltre per la sera, data la temperatura di certo non alta, ma almeno non piove. 
Alle 22.30 siamo però in prima fila davanti al main stage per l’atteso concerto dei Lagwagon. Come previsto la band offre un’esibizione davvero ottima sul piano tecnico, coi soliti siparietti comici di Joey Cape, ed è pur sempre una delle band della nostra formazione punk/hc, per cui è sempre una gioia vederli live. Lascia l’amaro in bocca però la scelta della scaletta, dal momento che a fronte di grandi pezzi come “Alien8”, “Making Friends”, “Razorburn”, “Sick” e “May 16th” vengono trascurati dei veri a propri pilastri di questa band (uno tra tutti “Never Stops”), e il concerto si chiude con una anonima “Brown Eyed Girl”.
Ad ogni modo il festival va avanti, e salgono sui palchi ormai gli headliner della serata. Evitiamo i Gallows dal momento che sull’Impericon stage, subito dopo la fine dei Lagwagon, salgono i Parkway Drive. Abbiamo avuto occasione di vedere questa band due anni fa, e come allora siamo rimasti senza parole dallo show che questi australiani sanno offrire, che è di una potenza sconvolgente. La loro performance è perfetta tecnicamente e scenicamente coinvolgente (luci comprese); tra uno scream e un growl il cantante incita il pubblico a continui circle pit e moshpit, uno spettacolo degno di nota, e una scaletta di tutto rispetto che regala ai fan i pezzi migliori della band, da “Boneyards” a “Sleepwalker”, per chiudere con e “Romance is Dead” e “Carrion”. 
Seguono infine i Rancid, un pezzo di storia del punk che festeggia i 20 anni di attività. La loro fama non è delle migliori, dato che solitamente la band non sale sul palco propriamente sobria, cosa questa che compromette di solito la performance, ma fortunatamente questa volta è tutto il contrario. La band suona alla grande, e la scaletta comprende quasi tutti i brani di “And Out Come the Wolves” trascurandone solo alcuni per far spazio ai pezzi più famosi di altri dischi per un totale di 1 ora e mezzo di concerto. Si balla, si poga e si canta sotto le note di “Maxel Murder”, “Ruby Soho”, “Roots Radicals”; una situazione bellissima ed indimenticabile. Ed anche quando il concerto sembra finito la band ritorna sul palco sulle note della classica "Time Bomb", accompagnata da un altro paio di brani, e poi tutti a nanna con il sorriso stampato sul volto.
 
Live report a cura di Nello e Simone
Fotografi: Joeri Swerts (Belgium),Jeannet Okland (Norway),Silvy Maatman (Holland), Julien Benatar (France)
 

Video

 

Video di Joeri Swerts (Belgium) & Julien Benatar (France)

 Stage Diving Fest

17/10/2011

Stage Diving Fest
(09/10/2011)

Ore 20,00 circa, finalmente dopo un bel po' di tempo speso sulla statale intorno al Centro commerciale di Molfetta, arriviamo alle macerie baracche ribelli. Il tempo sembra non essere dalla nostra parte questa sera, il campeggio era impraticabile per via della pioggia e del vento e quindi per chi veniva da fuori come noi poteva essere un problema. Passando alla serata,trascorriamo un paio d'ore bevicchiando e scherzando con le band e gli amici presenti, devo dire gia' numerosi ancor prima di iniziare. Verso le 22,15 si aprono le danze, il primo gruppo sono i vincitori del contest: i Beer for breakfast. Il loro sound e' abbastanza variegato, un mix di punk'n' roll con influenze rock alternativo di stampo italiano. A volte onestamente annoiavano un po', per fortuna poi quando riprendevano il 4/4 e gli accordi a croce riuscivano a risollevare il pubblico che comunque ha risposto egregiamente. Subito dopo di loro e' il turno dei Waiting for better days. Il combo barese fresco fresco di registrazione del nuovo cd, sale sul palco carichissimo e gia' dalle prime note parte il macello sotto lo stage. Sentendo i pezzi nuovi devo dire che sembra si siano spostati un po' di piu' sull'Hardcore melodico california style,anche se i breakdown(a mio parere a volte eccessivi) permangono fissi su ogni pezzo. David alla batteria pesta come un dannato e il cantato sempre piu' clean di Gio' rendono l'atmosfera perfetta...Dopo di loro e' il turno dei The Memory,basso molise hardcore. Dopo un intro un po' impreciso per via di qualche problema tecnico, la band poi recupera progressivamente scaricando quasi tutti i pezzi dell'Ep uscito per indelirium records. These days,Walk the line, passando per la mitica cover dei Comeback kid"False idols Fall", l'esibizione scivola veloce, tra stage diving e pogo, e l'alcool che sale sempre di piu'.Chiudono con un intro di basso e batteria e salutano tutti, lasciando il posto ai No Blame. Da premettere che i No Blame l'ho visti un sacco di volte, sempre perfetti e precisi come un orologio svizzero. Al fest invece non li ho visti proprio in formissima, sicuramente il fatto che forse(speriamo di no) sara' l'ultimo concerto ha pesato un po'. Cio' comunque non significa che non siano stati all'altezza,il pubblico e' sempre stato dalla loro parte,e  anzi le hit del cd"Burning the blindfolds" hanno massacrato lo stesso,da "Another movie of yours"fino a "While Your World's Frail"ecc... .
Finita l'esibizione dei no blame, cambio di palco e backline rapida, ed e'il turno dei The Evindence. Anche loro canadesi, accompagnano gli Standoff in tutto il tour europeo. Si definiscono "nerd-core" o qualcosa del genere, a me sono piaciuti su alcune cose, ma su altre no. Sul palco ci sanno fare, attirano molto l'attenzione del pubblico anche con varie battute e sketch, e  musicalmente sono precisi, suono pulito e molto originale. Cio' pero' non e' stato sempre un punto a favore per loro, in alcuni tratti risultano troppo soft e sperimentali, anche la voce un po' troppo lineare.Detto cio' comunque sicuramente bravi i The Evidence. Arriviamo ora al momento clou della serata...I This is a standoff salgono sul palco, breve line check e si parte a mille.The light is still in the Broadmoor, Silvio, Better than all of us, You won't pass, le piu' famose dei cd vecchi le fanno proprio tutte.Il pogo e lo stage diving descrivono tutto l'apprezzamento per questa band, che ha davvero spaccato tutto e gli anni per Steve Rawles&Co sembrano non passare mai.
Da paura anche i pezzi del nuovo ep appena uscito,"Be delighted", come ad esempio We're really doing, che live mi ha impressionato come su cd.Finisce tardi la performance dei TIAS, ormai siamo quasi tutti cotti dall'alcool e dalla stanchezza e ce ne torniamo a casa di simone no blame a dormire. Giudizio positivissimo comunque alla serata, come al solito il pubblico di Bari risponde ottimamente alle serate, complimenti all'organizzazione e anche alle Macerie, un posto fighissimo dove ogni volta che ci vengo me ne torno a quattro zampe e sempre col sorriso in bocca. Ora attendiamo la nuova edizione del Christmas core fest a Natale.Stay tuned

Live Report a cura di Vittorio
Foto di Fabio Grande
NDSTR.com

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